2012 _ LE VIGILI CATALESSI

realizzato allo spazio SEARCH in occasione del festival SIGNAL 2012, Cagliari 29 novembre. ispirato al racconto THE VOICES OF TIME di James Ballard. E grazie a Rea e a William Francese.

[ sarò più chiaro: mi piacerebbe veder diventare la fantascienza astratta e “disinvolta”, vederla inventare nuove situazioni e nuovi contesti che illustrino i suoi temi in modo obliquo. per esempio, invece di trattare il tempo come una specie di tronfia rotaia scenografica, mi piacerebbe vederlo usato per quello che è, cioè una delle prospettive della personalità, mi piacerebbe che fossero elaborati concetti quali zona temporale, tempo profondo, tempo archeopsichico. vorrei vedere più idee psicoletterarie, più concetti metabiologici e metachimici, più sistemi temporali individuali, più psicologie e spazi-tempi sintetici, più semimondi cupi come quelli che affiorano nei dipinti degli schizofrenici, insomma una poesia speculativa completa, una fantasia della scienza. un uomo senza memoria sdraiato su una spiaggia fissa una ruota di bicicletta arrugginita e cerca di cavar fuori l’essenza assoluta del rapporto fra lui e quella ruota di bicicletta. se vi sembra astratto e anticonformista, tanto meglio, perché la fantascienza dovrà usare una forte dose di sperimentalismo; e se vi sembra noioso, bene, almeno sarà una noia di tipo nuovo. (j.g.ballard 1962) ]

ricollegare il riferimento letterario ballardiano a quello più specificamente musicale, non è poi così difficile, essendo noi della Brigata del tutto privi di una visione univoca delle questioni legate all’espressione artistica. la progressiva presa di coscienza dei temi che Ballard adduceva per una riscrittura della fantascienza, può essere riconducibile anche al concetto di un’esperienza legata più al suono che alla parola.

fintantoché il mezzo dell’espressione traduce i paesaggi senza forma della memoria, ogni realtà, sia essa scritta dipinta scolpita o composta, assume bordi che costituiscono le immagini di un mondo sommerso, senza più relazioni con il tempo inteso come kronos, sia per l’autore dell’opera, sia per il suo fruitore. dunque noi potremmo porci come tramite di una specie di traduzione, nelle fasi più consapevoli addirittura come tramite di una testimonianza, di un senso del tempo più “psicoarcaico”, inteso come forma di creazione e del ruolo suo più opposto: la manifestazione del tempo aion, una potenza quasi magica celata in noi che tanto somiglia a un meccanismo bloccato dell’inconscio. la convinzione è quella di usare l’immaginazione, in qualsiasi campo dell’espressione, per costruire un universo paradossale dove sogno e realtà, trasmessi dalla memoria dello “spazio interno”, si fondono, ciascuno mantenendo le proprie qualità peculiari e assumendo tuttavia in qualche modo il ruolo del suo opposto. e il momento in cui ci si avvicina il più possibile a questo magico punto, il tempo kairos, è la manifestazione della performance.

per gli antichi greci c’erano almeno tre modi di indicare il tempo: aion, kronos e kairos. aion rappresenta l’eternità, l’intera durata della vita, l’evo; è il divino principio creatore, eterno, immoto e inesauribile; kronos indica il tempo nelle sue dimensioni di passato presente e futuro, lo scorrere delle ore; kairos indica il tempo opportuno, la buona occasione, il momento propizio.

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